Grazie, signor Presidente. Onorevoli colleghe, onorevoli colleghi, il 25 novembre viene celebrata la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne. Purtroppo, ci avviciniamo a questa ricorrenza così importante continuando ad assistere, a ricevere notizie e a vedere immagini che certificano l'esistenza della discriminazione e della violenza, nel mondo come in Italia. Abbiamo visto l'azione coraggiosa delle giovani donne e dei giovani uomini iraniani. Abbiamo visto immagini tragiche e terribili in Italia, per femminicidi che continuano a ripetersi all'interno delle mura domestiche ad opera di mariti e compagni, o di ex mariti ed ex compagni, molestie sui luoghi di lavoro. Insomma, abbiamo un quadro che è desolante, rispetto al quale dobbiamo irrobustire la nostra azione in modo unitario e trasversale, affermando che il raggiungimento della parità di genere è un obiettivo ineludibile e che ogni volta che, in qualunque luogo, nelle nostre città e nel mondo, si verifichi un'azione di discriminazione, la politica, le istituzioni e l'opinione pubblica devono reagire con forza e con coraggio.
Passi in avanti sono stati fatti e non possiamo nasconderli, sia in sede internazionale - si pensi alla Convenzione di Istanbul in seno al Consiglio d'Europa, che ha il merito di riconoscere che la violazione dell'integrità psicofisica della donna rappresenta una violazione di un diritto universale, di un diritto umano - e anche a livello nazionale, con l'introduzione nel tempo del reato di stalking o, più recentemente, la previsione del reddito di libertà per le donne che hanno subito violenza e meritano protezione; o ancora, la legislazione sulla parità salariale tra uomini e donne, ancora non raggiunta, un'oscena realtà nei luoghi di lavoro anche nel nostro Paese, che dobbiamo assolutamente debellare.
Ma, se da un lato dobbiamo difendere i diritti che faticosamente anche il legislatore ha affermato e che abbiamo conquistato da istinti retrogradi e conservatori che ci sono e che ci saranno, non possiamo limitarci a questo, ma dobbiamo continuare a percorrere la strada che è stata intrapresa, per dare piena attuazione ai princìpi su cui si fonda la parità di genere e al contrasto della discriminazione e della violenza di genere. Pensare che la discriminazione e la violenza avvengano in modo del tutto casuale è assolutamente infondato, se non addirittura ridicolo. Ci sono contesti culturali, sociali ed economici, nei quali la violenza si radica, nei quali la discriminazione si radica. E da questo punto di vista il ruolo delle forze politiche e delle istituzioni è decisivo. Non è possibile marginalizzare questo tema, non è possibile non considerarlo una priorità, sottovalutarlo, denigrarlo, e ancor meno è possibile affermare tesi pericolose che alimentano culture nelle quali è più facile realizzare discriminazioni e violenze di genere.
Nel mondo noi assistiamo ancora oggi a leader di importanti partiti politici o addirittura di Paesi che continuano a considerare questo fenomeno come irrilevante e inesistente, e ad affermare tesi assolutamente pericolose. Bolsonaro è stato il Presidente del Brasile ed è stato per fortuna sconfitto nelle scorse settimane da Lula, ma affermava che aveva studiato il problema della diversità di trattamento tra uomini e donne nei luoghi di lavoro ed era giunto alla conclusione, pensate un po', che fosse del tutto naturale che un imprenditore preferisca un uomo rispetto a una donna, perché una donna può rimanere incinta; e menomale che lo aveva studiato.
Più vicino rispetto al Brasile, in Ungheria, Orbán si avvale di consiglieri che assistono il lavoro del Parlamento e che hanno scritto nero su bianco che le donne nelle università sono un pericolo per la società ungherese, perché la femminilizzazione dell'istruzione è un pericolo che compromette il contributo del valore degli uomini. Poco distante da qui.
Allora, se noi vogliamo combattere davvero, in modo trasparente, unitario e trasversale, la battaglia per affermare la parità di genere, dobbiamo avere il coraggio, come forze politiche, di affermare che il contributo che i partiti e i leader politici danno, può e deve essere decisivo, e senza un contributo forte e robusto, nessuna vittoria può essere definitivamente conquistata.
Noi per questo pensiamo che questo tema sia un tema che il Parlamento deve assumere fin dall'inizio della legislatura, che dovrà accompagnare i lavori di quest'Aula in questa legislatura e che il Governo si debba impegnare ad assumere degli impegni precisi e puntuali su questo tema. In particolare, con la nostra mozione abbiamo chiesto di difendere i diritti conquistati e di dare piena attuazione alla legislazione in materia di prevenzione delle discriminazioni di genere e di protezione delle vittime, in particolare investendo robuste risorse per sostenere il lavoro importante dei centri antiviolenza, che, in collaborazione con i comuni e con le regioni, ogni giorno in Italia aiutano le vittime di reato e offrono strumenti anche per prevenire comportamenti scorretti. È importante farlo e soprattutto sostenere gli strumenti che abbiamo realizzato, come il reddito di libertà o, ancora, la formazione degli operatori professionali, che in settori diversi entrano in contatto con questo mondo. E in più e infine, occorre combattere anche fuori dai nostri confini nazionali perché l'Italia sia sempre protagonista, in Europa e nel mondo, per l'affermazione di questo principio ineludibile della parità di genere, contrastando la discriminazione che da troppo tempo accompagna la vita delle nostre comunità. Non possiamo più consentirlo, il Partito Democratico sarà ancora una volta protagonista in questa battaglia.